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"Chiamare «società» il popolo di estranei in mezzo al quale viviamo è una tale usurpazione di significato che gli stessi sociologi hanno avuto la decenza di rinunciare a al concetto. Essi preferiscono ora la metafora della rete per descrivere il modo in cui si connettono le solitudini cibernetiche, con cui si annodano le deboli interazioni conosciute sotto al nome di «colleghi», «contatti», «amici», «relazione», o «avventura». Ed ecco che a un certo punto, si arriva a vedere chiaramente come queste reti si condensino in un centro, ma esso sia un centro dove non si condivide nulla, se non dei codici, e dove nulla si attiva, se non l'incessante ricomposizione di una identità." - L'insurrezione che viene
Posted on 21:26

Planet Terror

By Dual_Core alle 21:26

Dissero, nel 1997 che l’influenza aviaria
era “una malattia infettiva contagiosa altamente diffusiva”…
Dissero nel 2002 che la SARS era “una forma atipica di polmonite”.
Antrace…Febbre suina…Dovevano sterminare milioni di persone nel mondo e invece nulla.
Ennesima bufala mediatica per vendere milioni di dosi, far vaccinare milioni di persone ignare e come nel nostro caso assistere all'ennesimo conflitto di interessi?
Far passare leggi ad hoc che violano i diritti civili e favoriscono pochi nomi spostando l’attenzione su queste pseudo-pandemie?
Queste difficoltà nel diagnosticare correttamente tali sindrome, nei paesi colpiti causarono inizialmente un panico di massa, indotto anche dalle errate notizie che venivano fornite (volutamente?) dai mass media.
Strumentalizzando o mettendo in discussione un argomento così delicato come lo stato di salute di un intera popolazione ha dimostrato in questi anni come sia possibile rendere gli individui vulnerabili a qualsiasi tipo di controllo. Si è riusciti ad indirizzare intere collettività nella direzione desiderata convincendo tutti sulla gravità della situazione e il rischio per sé stessi ed i propri cari.
Il terrorismo psicologico è poco studiato nei suoi risvolti, anche in questi anni in cui occupa quasi sempre le prime pagine dei maggiori mezzi di comunicazione è raro che venga analizzato in termini psicologici. Questo presumibilmente perche il labirinto del potere, sorretto da fili invisibili è manovrato dallo stesso paio di mani.


Il terrorismo psicologico è sicuramente l’arma col maggior grado di efficienza che sia mai stata creata, un arma di distruzione di massa capace di annientare sei miliardi di coscienze.
Di per sé il terrorismo ha come obbiettivo suscitare emozioni negative, l’inibizione delle attività, la riduzioni di comportamenti sociali, quindi un metodo molto efficace per il controllo ed il condizionamento altrui attraverso il terrore appunto.
Il coinvolgimento emotivo non riguarda strettamente la paura della morte ma sopratutto la potente stimolazione di ogni forma di emozione negativa che risieda nella personalità di ogni individuo, quindi intima e soggettiva. Genera una forte diminuzione di tolleranza allo stress con un diretto proporzionale aumento di diffidenza verso tutto quello che è straniero e sconosciuto al proprio quotidiano.
Soggetti con precari equilibri psicologici, dopo eventi di stampo terroristico si ritrovano sotto analisi o a far un uso massiccio di psicofarmaci sedativi. Tali effetti psicologici e comportamentali rappresentano il vero obbiettivo.
Il terrorista sa che nel mondo della comunicazione globale esiste solo ciò che la televisione trasmette. Vedere più e più volte, gente morente o cittadini isterici presi da attacchi di panico girare per la città con mascherine protettive, ne moltiplica il distruttivo impatto psicologico sulla popolazione.
Le immagini non offrono spazio al ragionamento, impattano direttamente sul condizionamento psicologico rilasciando una suggestione emotiva guidata da una paura primordiale.
Un dramma collettivo, uno scuotimento interiore è per ognuno un cedimento delle proprie certezze, una rottura del proprio equilibrio. Il senso di appartenenza rende quindi partecipi del dramma di chi è morto e allo stesso tempo fa sentire vulnerabili e minacciati chi non lo è.
In conclusione, il terrorismo ha per bersaglio l’emotività suscitando lo smarrimento, la paura, il panico. Queste emozioni fanno sentire ancora più deboli, fragili e vulnerabili le vittime e fanno sentire gli avversari più forti, potenti e terribili. Il terrorismo vuole far perdere il controllo della realtà e della quotidianità ed è proprio ricorrendo alla routine della quotidianità, alle abitudini che si recupera la sicurezza ed un certo equilibrio. Sentire che oggi accade tutto come accadeva ieri è un modo molto efficace per sentirsi sicuri e per trarre il beneficio che il senso della continuità della vita offre.


Bibliografia:

Il pollo ha il raffreddore lo zibetto la polmonite e il suino la febbre! -di Marcello Pamio
Psicologia del terrorismo - di Marco Cannavicci

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