"Chiamare «società» il popolo di estranei in mezzo al quale viviamo è una taleusurpazione di significato che gli stessi sociologi hanno avuto la decenza di rinunciare aal concetto. Essipreferiscono ora la metafora della rete per descrivere il modo in cui si connettono lesolitudini cibernetiche, con cui si annodano le deboli interazioni conosciute sotto alnome di «colleghi», «contatti», «amici», «relazione», o «avventura». Ed ecco che a uncerto punto, si arriva a vedere chiaramente come queste reti si condensino in un centro,ma esso sia un centro dove non si condivide nulla, se non dei codici, e dove nulla siattiva, se non l'incessante ricomposizione di una identità." - L'insurrezione che viene
Non ci sono scorciatoie che possono indicare il cammino, ognuno di noi deve fare questa strada da solo. I libri sacri, i maestri, le religioni, possono aiutare, servono, ma come gli ascensori che ci portano sù facendoci risparmiare le scale. L’ultimo pezzo del cammino che conduce sul tetto dal quale si vede il mondo, quell’ultimo pezzo va fatto a piedi, da soli
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